Dietro allo sviluppo delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione, si accompagnano una serie di considerazioni di carattere sociale. I cambiamenti dettati dalla pandemia si sono tradotti inevitabilmente in cambiamenti tecnologici, permettendoci di comunicare a distanza grazie alle soluzioni di videoconferenza.
Se fino a qualche tempo fa le meeting solutions venivano usate parzialmente e solo in caso di necessità, ci siamo trovati a dover convivere con un utilizzo massivo e spesso incontrollato di questo potente mezzo.
Ma perché risulta così difficile trovare un giusto equilibrio fra l’implementazione di nuove soluzioni tecnologiche e il loro corretto utilizzo?
Dal punto di vista sociologico, la relazione fra cultura e tecnologia è sempre stata argomento di forti dibattiti. Nel 2011, Kevin Kelly affermava che l’accelerazione tecnologica è qualcosa che prescinde dal controllo dell’uomo, modellandone la cultura. In questo senso, è come se fossimo posti di fronte ad un fenomeno che si autoalimenta, portando l’uomo di fronte a nuove soluzioni ma anche a nuovi problemi.
Jenkins invece, con la sua idea di cultura convergente, esprimeva come la relazione fra questi due poli possa essere vista da un’altra prospettiva, dove è l’uomo, attraverso la cultura, che modella e definisce le nuove tecnologie.
Nell’epoca in cui viviamo ora, alcune cose sono cambiate nuovamente. Ci stiamo tuttora adeguando a questo cambiamento, implementando tecnologia, aumentando le nuove soluzioni ma ponendoci di fronte a nuove sfide e problemi.
I protagonisti del dibattito etico che ruota attorno le meeting solutions sono, in primo luogo, le organizzazioni che forniscono questa tecnologia. Infatti, proprio da loro dovrebbero partire una serie di considerazioni, garantendo ai propri clienti affidabilità, facilità di utilizzo e supporto continuo per educare al corretto utilizzo di questo strumento.
Dall’altra, troviamo chi utilizza davvero queste tecnologie: collaboratori, stakeholders, vertici aziendali, che si sono trovati a dover fare i conti con un aumento vertiginoso delle ore spese in riunioni a distanza, rimodellando gli spazi temporali e i confini tra sfera privata e lavorativa.
Il problema che ci si pone è come riuscire ad entrare in un concetto di fiducia e rispetto fra tutti i collaboratori, preservandone l’integrità, misurando le prestazioni e le performance lavorative?
È necessario fare un passo indietro, per permetterci di valutare attentamente sia gli aspetti sociologici che psicologici legati all’utilizzo di queste tecnologie. Per farlo, è importante aprire un dialogo fra tutte le persone coinvolte da questo strumento. Solo così si riusciranno a trovare nuovi modelli di riferimento, non tanto per mantenere un aggancio sterile con un cambiamento in divenire, per non essere esclusi da tendenze significative, ma piuttosto per portare innovazione, idee e stimoli per migliorare il modo di intendere l’organizzazione e i suoi processi.
Ci troviamo di fronte, forse, alla vera sfida dettata dall’evoluzione delle meeting solutions: trovare dei nuovi modelli, dei nuovi paradigmi, per permettere a tutte le persone che beneficino di questo strumento di trovare il giusto equilibrio, le migliori prassi per mantenere armonia fra tutti gli aspetti lavorativi, sociali e psicologici delle persone.